Le Pietre d’inciampo mutuano il nome da un passo del Nuovo Testamento (la Lettera ai Romani dell’apostolo Paolo di Tarso) e si riferiscono ad un progetto artistico dell’artista tedesco Gunter Demnig, come strumento contro l’oblio, il negazionismo e il revisionismo storico, in memoria di cittadini deportati nei campi di sterminio nazisti.

Le Pietre, in cui “l’inciampo” rappresenta metaforicamente un invito alla riflessione, hanno la forma di un sampietrino. Sono cubi di cemento che recano sul lato alto una targa in ottone con il nome e le date di nascita, di arresto, deportazione e morte delle vittime dello sterminio nazista o della persecuzione. Le Pietre vengono installate direttamente dall’artista sulla pavimentazione in prossimità dell’ultimo luogo di residenza o di lavoro scelto dalla singola persona che si intende commemorare, prima che questa perdesse la libertà.

Sono oltre 57.000 le Pietre d’inciampo collocate in 22 paesi europei, rendendo l’installazione delle Stolperstein il più grande memoriale del mondo.


Giulio Angeli


Giulio Angeli nacque il 16 settembre del 1891 a Muccia (MC), nelle Marche, da Giuseppe Angeli e Marianna Carducci. Durante la Grande Guerra, si arruolò come ufficiale volontario nel Corpo dei Bersaglieri, divenendo tenente del 12° reggimento. Dalle Notificazioni del Ministero della Guerra, presenti nel Bollettino Ufficiale1del 1926, risulta che Giulio Angeli venne sottoposto a processo il 17 agosto del 1917 dal Tribunale Speciale di guerra del primo corpo d’armata. L’accusa, non specificata, dava luogo a un procedimento penale che predisponeva le dimissioni dell’Angeli da ufficiale. Nel 1926 l’accusa decadde per inesistenza di reato. Giulio Angeli dal 1920 al 1926 espatriò in Francia, si potrebbe ipotizzare che la cancellazione del reato lo indusse a ritornare in Italia. 

A Marsiglia si iscrisse al PNF, ma fonti consolari denunciavano contatti con il Partito Socialista Italiano e la Concentrazione Antifascista.  

A quell’epoca possiamo supporre che Giulio Angeli fosse già sposato con Ernesta Samueli e che avesse avuto una figlia, Liliana Angeli2.  

Successivamente rientrò in Italia e si stabilì a Genova sino al 1938 per poi trasferirsi a Brescia.  Sottoposto a vigilanza a partire dal 1941, continuò ad offrire sostegno ai primi gruppi di partigiani, organizzando l’assistenza e l’espatrio di ex prigionieri alleati e militari disertori, fino alla sera del 28 novembre 1943, quando venne arrestato.  

Dopo essere stato trattenuto per quattro giorni nella Questura di Brescia, rimase in carcere dall’1 dicembre 1943 al 14 luglio 1944. Le SS lo presero poi in carico il giorno 17 dello stesso mese fino al 31 agosto 19443. Qui, per ordine del Tribunale Speciale, fu trasferito nel campo di smistamento di Bolzano, al quale giunse con un trasporto arrivato da Milano.  

Da Bolzano il 5 ottobre partì un convoglio che fu separato in due tronconi, l’uno diretto a Dachau con 500 deportati e l’altro a Flossenbürg con circa 1104. Giulio Angeli si trovava sul primo, in quanto classificato come Schutzhäftling (deportato per motivi politici).  

Giunse al campo il 9 ottobre 1944 e qui rimase per quattro mesi, durante i quali ebbe una corrispondenza con il nipote Giampiero Angeli.  

Nonostante le informazioni ritrovate parlino di una morte per asfissia5, fonti certe documentano il non funzionamento delle camere a gas nel campo di concentramento di Dachau6. È possibile, dunque, ipotizzare che il decesso sia avvenuto per altre cause: fame, malattia o fucilazione.  Giulio Angeli si spense l’8 febbraio 1945, all’età di 53 anni.