Il 13 maggio 1978 il Parlamento italiano approvava la Legge 180, la cosiddetta Legge Basaglia, una riforma fortemente innovativa che modificò la concezione e i criteri dell’assistenza psichiatrica, superando la logica di mera custodia dei manicomi. Si tratta di norme che hanno collocato l’Italia in posizione d’avanguardia e, ancora oggi, costituiscono un motivo d’orgoglio per la nostra cultura e la nostra civiltà. Una riforma che continua a rappresentare un punto di riferimento nel confronto internazionale e quella legge segna ancora un punto di svolta.
La legge che mise fine all’esistenza dei manicomi nasceva da una rivoluzione che fu anche e soprattutto politica e filosofica dal momento che provò  a ridefinirei concetti di marginalità e differenza, a spezzare la logica dell’emarginazione di classe, a mutare la percezione che la società aveva dei pazienti e la natura dei luoghi in cui questi venivano confinati.

“La follia è una condizione umana.
In noi la follia esiste ed è presente
come lo è la ragione.
Il problema è che la società, per dirsi civile,
dovrebbe accettare tanto la ragione quanto la follia, invece incarica una scienza, la psichiatria, di tradurre la follia in malattia allo scopo di eliminarla.
Il manicomio ha qui la sua ragion d’essere”.

F. BASAGLIA, Che cos’é la Psichiatria, 1967

Con la Legge 180 si è aperta una pagina del tutto nuova di psichiatria di comunità fondata sulla diffusione dei servizi sul territorio. Fu un cambiamento epocale. Per due secoli la psichiatria era stata incentrata sul manicomio. All’ improvviso cambiò tutto non solo dal punto di vista organizzativo, ma in special modo sul riconoscimento dei diritti dell’uomo. Fu una conquista di civiltà. Si passò da una netta separazione tra i sani e i malati a un sistema di cura personalizzato e in grado di accogliere ogni forma di diversità. Questo anniversario è un momento importante per fare una riflessione sull’ attualità di quei valori di riferimento della Legge 180.