L’autore, Stefano Laffi in un incontro dialogo per genitori e insegnanti, intervistato da Massimo Serra.
Martedì 27 Aprile ore 20.30
L’incontro si svolgerà on line: invieremo in seguito il link per seguire l’evento.
Stefano Laffi, sociologo, vive a Milano e lavora presso Codici, cooperativa di ricerca e intervento sociale. Ha insegnato presso le principali università di Milano, è consulente del Ministero del Lavoro per i progetti rivolti agli adolescenti, di amministrazioni locali ed enti del terzo settore per interventi di politiche giovanili.
Negli ultimi anni si è occupato di cittadinanza attiva, di progetti partecipativi, di rigenerazione e di spazi e servizi attraverso l’attivazione di comunità locali.
Da tempo è in atto un attacco ai giovani. Sotto forme diverse – mercificazione, infantilizzazione, patologizzazione, criminalizzazione, sfruttamento… – bambini, adolescenti e giovani sono entrati nelle mire degli adulti, mire spesso camuffate da preoccupazione, sensibilità educativa, protezione dei valori sociali e della tradizioni. Quasi senza reagire i giovani sono tenuti in ostaggio di un discorso pubblico fortemente ipocrita, in cui si invoca la loro autonomia senza concedere la possibilità di esercizio, la loro partecipazione ma solo in finte istituzioni, il loro lavoro ma solo nelle posizioni peggiori, il loro talento ma dentro una scuola a pezzi.
Il prezzo è altissimo, perché la società è ferma, giovanofila nell’immaginario ma gerontocratica nella realtà. I giovani non passano, le istituzioni restano impermeabili al beneficio di nuove forme di pensiero e pratiche. Dei giovani si continua a parlare, ma con parole corrotte, che finiranno per disinteressarli definitivamente dai discorsi pubblici. Perché l’ossessiva domanda – chi sono i giovani? come sono diventati? – cade nella trappola di un gioco di definizioni e interpretazioni che non serve ai giovani ma assolve solo chi parla. Il problema non sono i giovani, ma gli adulti. I giovani sono l’alibi di adulti in crisi, disorientati di fronte alla perdita di controllo del mondo che li circonda, increduli di fronte agli effetti di una società dei consumi da loro edificata, o meno innocentemente votati loro a “consumare” i giovani nei propri ambiti professionali, nell’universo delle proprie fantasie anti-età o ansie di ruolo. Quando, serenamente o conflittualmente, si avrà l’onestà e il coraggio di ammetterlo, si potrà cominciare a cambiare.